Alla ricerca del Leone d’Oro che però non parla italiano
dal Lido di
Venezia Luigi Noera – Foto per gentile concessione della Biennale.Al settimo
giorno la Mostra è ancora alla ricerca dell’ousider per il Leone d’Oro, ma
anche mercoledì una delusione è stata offerta dal maestro Terrence Malick, che
a VENEZIA 73 ha presentato la sua fatica durata tanti anni Voyage of Time:
Life’s Journey.
Purtroppo il maestro non lo riconosciamo più. Bisogna dire al
vero che il film è la copia buona dell’altro documentario italiano Spira
Mirabilis passato ieri sempre sul senso della Vita e della Creazione (per chi
ci crede ovviamente). Diciamo che basterebbe ripercorrere la Bibbia ma si sa ai
più quest’ultima è scomoda! Anche l’altro film atteso di Pablo Larraín sui
giorni successivi all’ assassinio di J.F. Kennedy dal punto di vista inesplorato
della First Lady
lascia perplessi per l’utilizzo del melò in siffatte
circostanze. Forse il regista con il suo sguardo critico si rivolge
all’America dei Johnson subentrato in fretta ed in furia in un momento
drammatico. Deplorevole le scene crude da horror degli istanti successivi
all’assassinio che mostrano il Presidente JFK in tutta la sua fragilità di
essere umano. Una domanda al regista circa il budget che non ha badato a spese.
Forse la risposta la troviamo nella presentazione dello stesso Larrain: “Un proiettile ha trapassato il collo del
presidente; un secondo proiettile, letale, gli ha sfracellato la parte destra
del cranio... La trentaquattrenne moglie, Jacqueline Kennedy, era seduta al suo
fianco”. “Seduta al suo fianco”. Che cos’è stato tutto questo per lei? Tutti
conosciamo la storia dell’assassinio di John F. Kennedy. Ma che cosa accade se
ci concentriamo soltanto su di lei? I rumors alla Mostra lo ritengono in buona
posizione, per noi solo ai due terzi dei primi 10. Come accade spesso però le
sorprese vengono da film fuori concorso che per ragioni varie non hanno trovato
collocazione. E’ il caso appunto FUORI
CONCORSO del doc Austerlitz di Sergei
Loznitsa. Anche questo regista ha utilizzato il bianco e nero per rappresentare
uno dei luoghi simbolo del male assoluè non si ripeta più. Sono una serie di
quadri fissi nei quali l’obbiettivo registra i comportamenti dei visitatori
davanti a tante nefandezze. In questa era digitale purtroppo c’è posto si per i
selfie, magari davanti ai forni crematori, ma non c’è posto più per
l’inorridirsi davanti a tante nefandezza. Ora il Direttore Barbera ha
sottolineato la peculiarità della forma indiretta usata dai registi
selezionati. Ne è questo un caso eclatante con la tecnica dei frame fissi
perché costringe lo spettatore a riflettere inesorabilmente a quegli
accadimenti di un recente passato, eppure così attuali come ad esempio nel
conflitto siriano. Sempre un film storico su una curiosità del trattato di pace
tra cattolici e protestanti irlandesi dopo gli anni del terrorismo separatista
dell’IRA. Dalla Gran Bretagna il film The Journey di Nick Hamm
con due attori
eccezionali Timothy Spall e Colm Meaney nei panni dei leader delle opposte
fazioni, il capo protestante che non riesce a perdonare il terrorista. Ormai
anziani in un viaggio in auto forzatamente voluto dai loro collaboratori
debbono trovare una soluzione soddisfacente. Commenta il bravo regista: È una
storia dell’Irlanda del Nord, ma è anche di più. Se due nemici giurati come
loro sono riusciti a mettere da parte l’odio e a venirsi incontro, lo possono
fare anche altri. Le atrocità del terrorismo negli ultimi anni hanno
glorificato gli estremismi e l’intransigenza è diventata il modus operandi del
mondo. Questo film vuole essere una risposta a questo tipo di etica. È un film
militante sull’idea di pace e vuole celebrare la bellezza del compromesso e
della capacità di fare concessioni. La mia speranza è che The Journey, che è
basato su una storia vera, immagini non soltanto ciò che è stato ma anche ciò
che potrà essere in futuro. Per la sezione ORIZZONTI un altro titolo argentino impronunciabile
Kékszakállú di Gastón Solnicki mutuato e ispirato liberamente all’unica opera
lirica di Béla Bartók. E’ veramente difficile riscontrarne la fonte se non
fosse per le musiche e la scena finale del teatro di lirica. Mondi assefuatti
alla noia esistenziale, ma anche alla crisi economica perenne. L’altro film
documentaristico
Liberami di Federica Di Giacomo parla dell’esorcismo nel mondo
contemporaneo. E si sofferma con lo sguardo “dal di fuori” l’opera salvifica di
Padre Cataldo un frate esorcista che
opera in Sicilia, ove è tra i più ricercati. Storia della
pratica esorcistica con la vita quotidiana, dove i contrasti tra antico e
contemporaneo, religioso e profano potranno risultare ai più a tratti inquietanti
e a tratti esilaranti. Ma sullo sfondo
il malessere di vite umane alla ricerca di se stessi. Un film su come la
religione può essere vissuta. La regista spiega che il film è frutto di un
lungo lavoro di ricerca sulla pratica esorcista. L’esorcista è un nuovo
guaritore, spesso l’ultima spiaggia dopo una via crucis di maghi, psichiatri e
rimedi alternativi, metafora di una società in cui l’importante è trovare una
cura, rapida e risolutoria. Anche a costo di consegnarsi a qualcuno che ci
chiama “Satana”. Ho scelto di raccontare questa storia dal punto di vista di
chi la vive ogni giorno. Perché gli esorcisti vengono nominati dai vescovi e la
loro vita si trasforma completamente. E i cosiddetti “posseduti” sono persone
comuni che si avvicinano alla Chiesa in un momento critico della loro vita. La
loro esperienza si emancipa, quindi, dall’immaginario horror e acquista una
complessità in cui c’è posto anche per l’ironia.Giovedì 8 settembre
è stato il giorno della riscossa per VENEZIA 73 dove è stato presentato l’applauditissimo
Paradise di Andrei Konchalovsky in un intreccio di tre
storie che si incrociano
nella devastazione del male assoluto del secolo scorso: Olga, Jules e Helmut. Anche questo film è girato interamente in
bianco e nero. Risente però di una certa aria melò che fa perdere il vigore
iniziale. Il film ha ricevuto una stand ovation dal pubblico in Sala Grande
alla presenza del regista e della bellissima interprete femminile. Ecco se non
il Leone d’Oro ci aspettiamo il premio alla protagonista. E’ istruttivo e
lungimirante l’intento del regista: La storia è piena di grandi tragedie, la
maggior parte delle quali ci appaiono come antichi misfatti che non potrebbero
più accadere al giorno d’oggi. Uno dei momenti più terribili della storia della
nostra generazione è stata l’ascesa del partito nazista e lo sterminio di
milioni di ebrei e di altre persone che non rientravano nell’ideale nazista di
un “perfetto paradiso” tedesco. Tali atrocità dimostrarono fino a dove possa
spingersi la malvagità degli esseri umani. Sebbene questi eventi siano accaduti
nel passato, oggi sta tornando alla ribalta lo stesso modo di pensare radicale
e intriso d’odio che minaccia la vita e la sicurezza di molti individui nel
mondo. Paradise riflette su un ventesimo secolo carico di grandi illusioni
sepolte sotto le rovine, sui pericoli della retorica dell’odio e sul bisogno
degli esseri umani di usare la potenza dell’amore per trionfare sul male. Nella
stessa giornata è stato presentato il terzo film italiano in concorso di
Giuseppe Piccioni, Questi giorni. Dai
commenti a caldo viene fuori una grande delusione. Resta la convinzione che il
cinema italiano attraversa un momento di grande crisi e si è ripiegato su se
stesso soffrendo di una difficoltà a trovare la strada. Una mano la danno i
documentaristi che si sono affermati in campo internazionale, ma in patria non
sono adeguatamente supportati. Non sarà di aiuto ma anche le altre produzioni
europee sono in sofferenza. E’ il caso appunto del film francese FUORI CONCORSO
Planetarium di Rebecca Zlotowski. Film ben costruito con un budget
considerevole visto che ci riporta agli
anni ’30. Un film sull'esoterismo, ma
anche un omaggio al cinema stesso con tante citazioni. Il cast coza dare risposte
alle mille domande. A dire del regista è la stilizzazione di un mondo come il
nostro nel quale non sappiamo mai che cosa stia per cambiare. Ai margini dell’Europa
c’è la Turchia che nella sezione ORIZZONTI ha presentato il suo unico film Koca
Dünya (Big Big World) di Reha Erdem. Una storia ermetica ed elegiaca dai
connotati semplici che ci parla di quella società e risente della mancanza di
libertà di espressione rifugiandosi in temi generalisti.Infine nella
mattinata è stato consegnato ad Ugo Gregoretti il PREMIO BIANCHI con la
proiezione di una chicca in omaggio al pedagogo d’Italia come usa definirsi lo
stesso Gregoretti il corto di 30’ CON UGO di Gianfranco Pannone e la proiezione
di una copia ritrovata ma non restaurata di MAGGIO MUSICALE del 1989. E’ stato
piacevolissimo ascoltare l’arguto regista a parlare di se con la solita ironia
di sempre.Domani
ultima giornata di proiezioni ci aspetta la maratona a cui ci sottoporrà Lav
Diaz con Ang Babaeng Humayo (The Woman Who Left) di appena 225’, ma anche l’atteso
Na mlijecnom putu (On the Milky Road) di Emir Kusturica con Monica Bellucci e
tanto altro ancora.
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